giovedì 30 gennaio 2014

L'Arte e la Critica







martedì 30 gennaio 2014, ore 17
Libreria Odradek, via dei Banchi vecchi 57, Roma

Presentazione del volume


                                                L'ARTE E LA CRITICA                                 

                                      Una raffigurazione che sopravvive
                      Il linguaggio della pittura alla luce delle neuroscienze
                          
di Alberto Gianquinto

  oltre all’autore interverranno:

Ennio Calabria
Giulio Latini
Raul Mordenti
Ida Mitrano
Alessandro Sbordoni


                                        
                       
dalla quarta di copertina

Risultato di più di vent’anni di riflessioni sul linguaggio della raffigurazione pittorica, l’interesse è qui centrato sulla singolarità di un gruppo di artisti in cui persiste, sì una forma raffigurativa, in un’epoca che tende senza troppi complimenti a ignorarla e liquidarla, ma caratterizzata da modalità che oltrepassano la semplice ‘mimesi’, per cogliere dietro la realtà aspetti che le stanno oltre o dentro e che richiedono per questo anche soluzioni compositive nuove: la pittura cosiddetta raffigurativa è insomma tutt’altro che finita.

Più a fondo (e come conseguenza di quanto detto) l’interesse è orientato su problemi di critica rimasti ancora aperti e per i quali ho ritenuto di doverne forgiare anche strumenti nuovi, per affrontarne il senso. L’approfondimento e l’estensione hanno portato a riprendere concetti fondamentali, come nuove forme della spazialità o della tradizionale analisi ‘materica’, nuovi rapporti sulle interazioni fra semantiche e sintassi, sui problemi dell’intermedialità e soprattutto sulle nuove neuroscienze, alla ricerca di una risposta sulle aree strutturali di questo linguaggio, su quanto S. Pinker e S. Zeki hanno fatto a partire dal lavoro di Chomsky.
Infine, ma pure e più che mai essenziale, la questione del rapporto che le arti possono e sono costrette a intrattenere con la cultura, la società e la politica, prendendo esplicita posizione filosofica sul senso che può mai assumere un’“estetica” oggi e il dilemma immanente tra laicità e utopia.
Questo lavoro, se fortemente organico dal punto di vista di una teoria della critica d’arte, raccoglie soltanto alcuni pittori funzionali allo scopo e direttamente conosciuti e analizzati lungo venti anni di considerazioni e discussioni, per mostrarne la vitalità e insieme la diversità nelle forme della loro mimesis, che segna la distanza loro da indirizzi realistici e neorealistici: Vespignani, per il quale dipingere è sognare e ricordare con le mani per narrare l’anima del mondo attraverso cicli pittorici; e Sughi che, diversamente da Vespignani, vuole raffigurare, come tema, la ‘testimonianza’ stessa, cioè una verità che è dietro l’evento vissuto, la domanda esistenziale; e Calabria con la sua riflessione decisiva sul tema dello spazio e della matericità, dove la manualità è già atto sintattico della forma e non immediato caos, e dove oggetto di mimesi è la riflessione mentale; e poi Gianquinto, che apre al racconto con quella forza lirica dove la mimesi è di figure e di cose che appartengono al sublimato del vissuto, attraverso le griglie dell’immagine e del ricordo. Ma poi anche Bibbò, che scende all’essenza del ricordo, e Cattaneo, che all’attuale ricerca di sempre nuovi e vuoti contenuti, oppone le forme di un’alta letteratura; e Guida poi, dove è tematizzata una implicita riflessione sulla storia; e Moretti ancora, che porta nella pittura il tema del silenzio e l’atmosfera musicale di una pittura di ‘punti meridiani’ e del ‘mistero del mezzogiorno’; e così Mulas, dove la mimesis pittorica si fa metafora di cultura e natura; e Colagrossi, che naviga a vista, senza rotta nella storia. Poi la pittrice Rossi, con il suo ciclo dedicato a Hildegard von Bingen, sui reliquiari della pietra; e l’iraqueno Jaber, in cui la mimesi intreccia colore, come impressione, con l’espressione della forma; infine l’austriaco-italiano Eckard, allievo di Kokoschka, ma anche del barocco romano.

La riflessione si allarga poi ai temi dell’iconologia e dell’iconografia nell’arte contemporanea, della progressività e del paragone delle arti, dell’interazione fra spazi semantici e i tempi della sintassi, così come al tema di una riflessione critica sull’estetica, a fronte delle poetiche degli artisti, e di una pessimistica considerazione sulla possibilità di un senso della storia, che ha già in sé la liquidazione della tradizione iconografica. Altra grave difficoltà nella critica d’arte: l’idea diffusa di una autoreferenzialità nelle arti figurative, che comporta l’identificazione di arte e critica. È la crisi del linguaggio pittorico che consente la generazione di un nuovo mercato dell’arte e il cosiddetto ‘sistema-arte’. L’analisi sulle differenze fra arte astratta, concettuale, informale, mentale ed una riflessione generale sul linguaggio figurativo alla luce delle neuroscienze chiude la riflessione sui problemi teorici della critica contemporanea.


Alberto Gianquinto (Pirano, 1927) allievo di Ugo Spirito e di Guido Calogero, è stato docente alle Università 1 e 2 di Roma. Ha approfondito studi di economia a Berlino, Otto Suhr Institut. Pubblicazioni principali in campo scientifico: La filosofia analitica, Feltrinelli 1961; Metalogica e calcolo, La Goliardica, Roma 1966; Critica dell'epistemologia. Per una concezione materialistica della scienza, Marsilio, Padova 1971-19802; Il realismo e l'"oggetto" scientifico (con G.I. Giannoli), Roma 1982; Storia e scienza, Milano 1985; Introduzione alle metodologie della scienza (con G.I. Giannoli), 1992; Sul senso della storia, Odradek, 2009. Ha curato inoltre il documentario Renzo Vespignani. Ricordare con le mani (regìa G. Latini). Molta la sua attività in campo artistico-letterario (in proposito vedi), dove ha vinto un premio nazionale di poesia.

venerdì 24 gennaio 2014


La Clessidra
MARIO MORETTI
Opere inedite
a cura di  Carla Mazzoni
Galleria Cassiopea
Piazza Verbano 8
Moretti, pittore della luce, dei deserti assolati, delle improbabili radure erbose perse in un’atmosfera più metafisica che reale, ha dedicato gli ultimi due mesi alla matita e al bianco e nero.  Veri piccoli capolavori in cui il riferimento naturale perde i suoi connotati nella luminosità del bianco e nel lento e insistito tratto scuro della matita, elaborati con tenace lentezza come a comporre la trama di un tessuto. Una volta di più Mario Moretti ha lasciato che l’opera fosse l’epifania del suo sentire e ci rende incantati e muti come sempre accade quando l’Arte indaga realtà e mistero.
Inaugurazione Giovedì 19 dicembre ore 17
La mostra resterà aperta fino all’8 Gennaio 2014
Tel. 39.347.3735109





La Clessidra

Sembra che Il tramonto delle ideologie del secolo scorso e la depressione economica abbiano generato crisi d’identità, diffuso senso di smarrimento, mancanza di riferimenti, di certezze, di ideali.

Immagino che il senso ultimo della vita di un gatto potrebbe cogliersi nella sua stessa esistenza. Si realizza vivendo secondo natura. La vita potrebbe avere senso in se, ma quali sono i confini? L’uomo ha una consapevolezza. La cultura è nella sua natura, così come il sentirsi parte di una collettività. A dare senso e gratificazione è l’armonia con se stessi, con la vita, con il mondo, con l’universo. Malgrado l’assenza di radici vere e proprie, non siamo così diversi da una pianta. Sentirsi integrati e parte di un tutto più vasto di noi è una condizione vitalizzante essenziale al proprio benessere.

Moretti disegnando si relaziona alla natura. Della natura che contempla e disegna cerca di cogliere il senso profondo: la forma, la luce, l’essenza, la sensualità, la presenza, la musicalità, il divenire… segue il dialogo tra il particolare ed il generale, tra il ciuffo d’erba e la luce che lo avvolge, tra la duna e lo spazio infinito, tra l’aurora e il silenzio… spaesando lievemente il soggetto dal suo contesto naturale, dona volta per volta al suo frammento di paesaggio una presenza al contempo irreale e assoluta. Il particolare si fa protagonista, acquisisce una maestosità universale. La sua strada o la sabbia della sua duna sono lì a testimoniare nel silenzio sospeso l’impercettibile divenire del creato.

Gabriele Bianconi
www.gabrielebianconi.info


I luoghi dell’anima


Disegni a matita. Piccolo formato. Indubbiamente vicini all’opera pittorica di Mario Moretti eppure, profondamente diversi se non ci si lascia ingannare dal tema con cui l’artista si misura da sempre.  Una diversità che fa apparire perfino stridente il confronto con la pittura, paradossalmente accecante nel colore tendenzialmente monocromo. Interrogarsi su questo è già un inizio per riflettere sul nuovo momento creativo di Moretti e rendersi conto di quanto il disegno non sia un approdo recente, semmai la riappropriazione di un antico amore cui ritorna con entusiasmo, con passione. Non di una tecnica, assolutamente no, perché non c’è virtuosismo, compiacimento, ma piacere del segno, del suo manifestarsi dando luogo  alle “piccole cose”.
Se nelle opere del passato la visione appariva, in qualche modo, condizionata dal rapporto mentale con la realtà, oggi quella visione si connota invece come presenza, come attimo di vita. Poco importa quale sia l’oggetto in primo piano o il riferimento paesaggistico, ciò che conta è la capacità di rendere reale l’impalpabile, quella condizione di spazio-tempo dove c’è l’onnipresenza del tutto.
E se la creazione di un artista è speculare all’artista stesso, questi disegni rappresentano appieno Mario Moretti.  Su tale specularità si fonda l’autenticità della sua ricerca, né potrebbe essere altrimenti perché quell’opera è necessaria al suo modus operandi. Se così non fosse quell’opera sarebbe altro, ma non arte. Una specularità che in questi ultimi lavori si manifesta con grande energia nella semplicità, nell’ordinarietà del gesto, nella matita che crea sulla superfice una vibrazione che è intima partecipazione a tutto ciò che è, più che a ciò che accade.
Tutto è energia, tutto è suono nel grande spazio cosmico. Non vuoto, ma assoluta e misteriosa presenza che l’apparire delle cose rende tangibile. E nel silenzio, tutto vive. Non c’è attesa, sospensione, ma ascolto. Una condizione che l’assenza di pigmento cromatico rende più intensa. Il pensiero va a Mark Rothko, alle sue stesure grigie dopo il dominio del colore. Se in Rothko il passaggio segna l’epilogo della sua arte, per Moretti è l’epifania, il rinascere alla vita.
Anche il ritornare sempre sullo stesso tema ha un suo significato. Mette a nudo l’artista e il suo processo. Moretti è ciò che dipinge, è ciò che disegna. Il silenzio che connota le sue opere è il suo silenzio interiore.
L’arte non è pensiero, è processo in atto. Quando non c’è identificazione con l’opera, quando la centralità dell’artista viene meno, l’opera è. Moretti non cerca, si tace. Non è interessato al divenire, ma soltanto al momento presente, perché il momento presente è il nuovo, è il nascente.
L’arte è viva quando sfugge alla definizione. Quando il pensiero non può ricondurla  del tutto alle categorie del conosciuto, la visione si fa esperienza in atto del non essere nell’essere. Moretti non rappresenta pur raffigurando, guarda oltre. E tra sé e quell’oltre non c’è frattura. I suoi luoghi sono i luoghi dell’anima.



                                                                                                                 Ida Mitrano