venerdì 24 gennaio 2014


La Clessidra
MARIO MORETTI
Opere inedite
a cura di  Carla Mazzoni
Galleria Cassiopea
Piazza Verbano 8
Moretti, pittore della luce, dei deserti assolati, delle improbabili radure erbose perse in un’atmosfera più metafisica che reale, ha dedicato gli ultimi due mesi alla matita e al bianco e nero.  Veri piccoli capolavori in cui il riferimento naturale perde i suoi connotati nella luminosità del bianco e nel lento e insistito tratto scuro della matita, elaborati con tenace lentezza come a comporre la trama di un tessuto. Una volta di più Mario Moretti ha lasciato che l’opera fosse l’epifania del suo sentire e ci rende incantati e muti come sempre accade quando l’Arte indaga realtà e mistero.
Inaugurazione Giovedì 19 dicembre ore 17
La mostra resterà aperta fino all’8 Gennaio 2014
Tel. 39.347.3735109





La Clessidra

Sembra che Il tramonto delle ideologie del secolo scorso e la depressione economica abbiano generato crisi d’identità, diffuso senso di smarrimento, mancanza di riferimenti, di certezze, di ideali.

Immagino che il senso ultimo della vita di un gatto potrebbe cogliersi nella sua stessa esistenza. Si realizza vivendo secondo natura. La vita potrebbe avere senso in se, ma quali sono i confini? L’uomo ha una consapevolezza. La cultura è nella sua natura, così come il sentirsi parte di una collettività. A dare senso e gratificazione è l’armonia con se stessi, con la vita, con il mondo, con l’universo. Malgrado l’assenza di radici vere e proprie, non siamo così diversi da una pianta. Sentirsi integrati e parte di un tutto più vasto di noi è una condizione vitalizzante essenziale al proprio benessere.

Moretti disegnando si relaziona alla natura. Della natura che contempla e disegna cerca di cogliere il senso profondo: la forma, la luce, l’essenza, la sensualità, la presenza, la musicalità, il divenire… segue il dialogo tra il particolare ed il generale, tra il ciuffo d’erba e la luce che lo avvolge, tra la duna e lo spazio infinito, tra l’aurora e il silenzio… spaesando lievemente il soggetto dal suo contesto naturale, dona volta per volta al suo frammento di paesaggio una presenza al contempo irreale e assoluta. Il particolare si fa protagonista, acquisisce una maestosità universale. La sua strada o la sabbia della sua duna sono lì a testimoniare nel silenzio sospeso l’impercettibile divenire del creato.

Gabriele Bianconi
www.gabrielebianconi.info


I luoghi dell’anima


Disegni a matita. Piccolo formato. Indubbiamente vicini all’opera pittorica di Mario Moretti eppure, profondamente diversi se non ci si lascia ingannare dal tema con cui l’artista si misura da sempre.  Una diversità che fa apparire perfino stridente il confronto con la pittura, paradossalmente accecante nel colore tendenzialmente monocromo. Interrogarsi su questo è già un inizio per riflettere sul nuovo momento creativo di Moretti e rendersi conto di quanto il disegno non sia un approdo recente, semmai la riappropriazione di un antico amore cui ritorna con entusiasmo, con passione. Non di una tecnica, assolutamente no, perché non c’è virtuosismo, compiacimento, ma piacere del segno, del suo manifestarsi dando luogo  alle “piccole cose”.
Se nelle opere del passato la visione appariva, in qualche modo, condizionata dal rapporto mentale con la realtà, oggi quella visione si connota invece come presenza, come attimo di vita. Poco importa quale sia l’oggetto in primo piano o il riferimento paesaggistico, ciò che conta è la capacità di rendere reale l’impalpabile, quella condizione di spazio-tempo dove c’è l’onnipresenza del tutto.
E se la creazione di un artista è speculare all’artista stesso, questi disegni rappresentano appieno Mario Moretti.  Su tale specularità si fonda l’autenticità della sua ricerca, né potrebbe essere altrimenti perché quell’opera è necessaria al suo modus operandi. Se così non fosse quell’opera sarebbe altro, ma non arte. Una specularità che in questi ultimi lavori si manifesta con grande energia nella semplicità, nell’ordinarietà del gesto, nella matita che crea sulla superfice una vibrazione che è intima partecipazione a tutto ciò che è, più che a ciò che accade.
Tutto è energia, tutto è suono nel grande spazio cosmico. Non vuoto, ma assoluta e misteriosa presenza che l’apparire delle cose rende tangibile. E nel silenzio, tutto vive. Non c’è attesa, sospensione, ma ascolto. Una condizione che l’assenza di pigmento cromatico rende più intensa. Il pensiero va a Mark Rothko, alle sue stesure grigie dopo il dominio del colore. Se in Rothko il passaggio segna l’epilogo della sua arte, per Moretti è l’epifania, il rinascere alla vita.
Anche il ritornare sempre sullo stesso tema ha un suo significato. Mette a nudo l’artista e il suo processo. Moretti è ciò che dipinge, è ciò che disegna. Il silenzio che connota le sue opere è il suo silenzio interiore.
L’arte non è pensiero, è processo in atto. Quando non c’è identificazione con l’opera, quando la centralità dell’artista viene meno, l’opera è. Moretti non cerca, si tace. Non è interessato al divenire, ma soltanto al momento presente, perché il momento presente è il nuovo, è il nascente.
L’arte è viva quando sfugge alla definizione. Quando il pensiero non può ricondurla  del tutto alle categorie del conosciuto, la visione si fa esperienza in atto del non essere nell’essere. Moretti non rappresenta pur raffigurando, guarda oltre. E tra sé e quell’oltre non c’è frattura. I suoi luoghi sono i luoghi dell’anima.



                                                                                                                 Ida Mitrano

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