Alberto Gianquinto
L’opera è dominata dal contrasto,
di forte componente simbolica, raffigurato dal ‘vociare’ dei colori di pappagalli
che svolazzano sopra dominanti grigi di corpi umani morti.
(1) Questa componente simbolica rappresenta una deviazione dalla
rotta in cui è impegnata la ricerca di Calabria? Un ‘chiacchiericcio’ di
pappagalli sul tema della morte è il tema kierkegaardiano del parlare a vanvera
(nella sua triplice polemica contro il ‘sistema’ hegeliano, contro la cristianità ufficiale, e
contro la stampa: stampa, intesa come
espressione dell’anonimato sociale, contrapposta al valore centrale
dell’individuo ‘singolo’; contrapposizione, questa, in causa ora in quest’opera di Calabria.
(2) La questione
che si presenta allora alla critica è se
la raffigurazione non possa che
essere sempre simbolica, specialmente quando e ogni volta che intende toccare
e raggiungere la concettualità filosofica del linguaggio verbale, senza poterla
raffigurare verbalmente come tale (o consonare musicalmente). Qual è allora il
rapporto tra raffigurazione e simbolo? Come si differenziano simbolo, senso e
significato?
(3) Inoltre, in
che modo il simbolo è allegoria?
(4) Infine: la
funzione simbolica vale sempre, anche per tutte le opere di Calabria, dal ritratto di Pantani (con le sua
braccia allargate nella vittoria, ma anche nella forma della croce) a quello di
Borges (con quell’ombra, che l’attraversa davanti e lo evidenzia anche dietro)?
O, invece, c’è una simbolicità forte, evidente, nella oggettualità scelta, ed
una simbolicità più sottile, prelinguistica, questa si sempre presente,
immanente alla rappresentazione-raffigurazione?
Cerchiamo di rispondere a tali
questioni e mostrare che non c’è alcun cambiamento di rotta in quest’ultimo
lavoro di Calabria, ma soltanto una accentazione del suo valore simbolico
rispetto, per esempio, ai ritratti di Pantani o di Borges.
Ciò conduce al secondo punto,
dove intendo mostrare che la raffigurazione non è di per sé sempre simbolica.
Si tratta allora di chiarire il rapporto della raffigurazione con il simbolo e, come vedremo subito, del significato della rappresentazione con
il simbolo, della differenza fra i
concetti di rappresentazione, suo significato, simbolo, icona e altri
concetti collaterali, come allegoria,
metafora, analogia. Approderò, dopo queste precisazioni, alla necessità di
distinguere due livelli di simbolicità: una esplicita, oggettuale, ed una non
altrettanto così fatta, ma prelinguistica in quanto sottotraccia e precedente
l’iconografia e l’iconologia che la specifica.
Quando prendiamo le mosse dal segno,
esso ha la proprietà di ‘denotare’
la sua estensione (che, in quanto
tale, è il significato assegnato da un soggetto ‘significante’) e di ‘connotare’
la sua intensione (che, invece, in
quanto tale, è il senso fornito da un
soggetto ‘sensivo’, cioè fornitore di
quel senso. Ad esempio, prendendo dal linguaggio verbale il termine ‘pianeta’,
la sua estensione è data dall’insieme
(estensione) degli individui di quel termine, cioè Mercurio, Venere, Terra,
ecc., mentre la sua intensione è data
dall’insieme (intensionale) delle ‘proprietà’ comuni di quei pianeti.
In altre parole: il soggetto, in
quanto significante, denota o raffigura
(sta per) l’oggetto dal lui significato; in tal modo il denotato o il raffigurato assumono la ‘funzione’ di simbolo; il soggetto significante ha pertanto ‘capacità’ simbolica e l’oggetto significato ha ‘valore’ simbolico.
Invece il soggetto, in quanto
connotante, allude all’oggetto, lo suggerisce, lo evoca: non si è più in un
rapporto funzionale del significato al simbolo (non tutti i significati sono
simbolici, mentre tutti i simboli intendono essere significativi): all’oggetto indicato dal segno viene dato dal soggetto sensivo un valore catettico; l’oggetto, una volta
significato, viene anche riempito di contenuto sensivo (di proprietà culturali
e storiche); l’oggetto è inteso come ‘senso’, come elaborazione di forme
espressive di senso. Se il significato del segno può
assumere la funzione di simbolo, il senso
del segno può essere l’insieme delle proprietà costituenti il simbolo. Dunque:
in quanto denota o raffigura, il
soggetto si arroga la funzione di creatore di simbolo; in quanto allude, suggerisce o evoca, riempie il
simbolo di proprietà storico-culturali.
Tornando allora alla ripartizione
fatta attorno al ‘segno’, specifichiamo quanto già detto, il fatto cioè che
tanto il soggetto nella sua funzione significante
quanto il soggetto nella sua funzione sensiva costituiscono una capacità (soggettiva): capacità, per un verso, di (rac-)cogliere e unire il significato (il
contenuto oggettivo della significazione): per esempio la raffigurazione di un
pappagallo, e, per altro verso, di dare, di
fornire un senso (il contenuto sensibile di un sapere): per esempio il senso di un parlare a vanvera.
Abbiamo così stabilito il nesso
che lega una rappresentazione, con il suo significato, al suo potere simbolico.
Ma se la rappresentazione è
sempre una ‘icona’ nel senso specifico di segno visivo somigliante all’oggetto denotato e significato (reale o mentale),
l’icona ha signficazione più vasta, perché l’immagine rappresentata non è solo icona-segno, ma è (nel senso
di Panofsky) “interpretazione del suo
significato”, quindi assume il ruolo di iconografia,
sulla base del suo contenuto essenziale, che esprime “valori iconologici”. Ad esempio, l’icona ‘pappagallo’, oltre il suo
segno visivo, è ‘interpretazione’ di un “valore iconologico”, desunto dal
pensiero di Kierkegaard, cone “parlare a vanvera”, che diventa significato
iconografico interpretato. Il pappagallo diventa allegoria del parlare a vanvera.
Se l’allegoria, in prima istanza, appartiene alla sfera verbale e vuole
convenzionalità di ordine linguistico-verbale, essa è anche rappresentazione-raffigurazione di idee,
ecc., mediante simboli (quindi icona per il suo valore iconologico,
raffigurato iconograficamente).
(A) Quindi: 1° definizione di
allegoria: il simbolo è una forma di
allegoria.
Cassirer (sulle orme di Kant) assicura che la funzione simbolica è
una capacità di dare senso e di unificare il (kantiano) molteplice sensibile (il simbolo viene colto in entrambi gli
aspretti: della denotazione unificante e della connotazione,
come un “più di senso” rispetto al semplice segno.
Ma si pone anche una distinzione
fra simbolo e allegoria, essendo questa un
fenomeno-simbolo storico, mentre
il simbolo ha valenza universale: 2° definizione di allegoria. Secondo Goethe (Massime e riflessioni) il simbolo,
in quanto il generale nel particolare, è segno significante; qui: immanente nell’idea significata, è
parte del tutto che ‘rappresenta’; il simbolo
è sineddoche; l’allegoria – il
particolare, come esempio, in vista del generale – è metafora (significante come esempio
del significato).
Nel caso di questo lavoro di
Calabria, la raffigurazione diventa simbolo perché fondata sulla riflessione
di Kierkegaard circa il parlare a vanvera (in concomitanza con l’esperienza
diffusa o la credenza di una imitazione linguistica dei pappagalli). E il simbolo
diventa icona perché la cultura
ha prodotto una iconologia sul parlare a
vanvera: su questa iconologia si crea e si può creare una iconografia.
(B) Il simbolo è inoltre forma della
metafora, dove ciò che conta non
è una analogia con la cosa simbolizzata, ma quel significato (fra una rosa-matrice di oggetti) che è meno
dissimile dal denotato e insieme più vicina a funzioni biologiche e istintive
(quindi una rosa di livello pre-linguistico). (Cfr. sotto, sulla lettura di
Freud da parte di Gombrich).
Siamo con ciò passati dal significato all’icona, attraverso il
simbolo.
Quanto al punto (4), ricordiamo
che, con Kandinskij, tutta l’arte, come (in quanto) creazione, è manifestazione
simbolica. Ma questo non credo che sia necessariamente vero. Si tratta di comprendere in che senso si parla
di “manifestazione simbolica”: una cosa
è la raffigurazione forte del simbolo (i pappagalli) ed altra cosa è la simbologia
debole come forma di metafora legata a quella rosa-matrice vicina alle funzioni
biologiche e istintive.
Così possiamo distinguere fra una simbolicità debole e simbolicità
forte.
La prima è di origine pre-linguistica in quanto legata a funzioni
biologiche e istintive, nella raffigurazione, mentre una simbolicità forte è
propria di una oggettualità linguistica (anche del linguaggio figurativo).
Cassirer intende la forma
simbolica (e credo si debba intendere quella ‘forte’) come una capacità di distanziamento dal vissuto
immediato e (ma qui credo si debba intendere la forma simbolica debole,
pre-linguistica) come una capacità di
elaborazione di forme espressive (di
senso e valore catettico, culturale e storico, di un soggetto intensionale).
Panofsky approfondisce e intendendo la storia dell’arte come scienza dell’interpretazione, con tre suoi
momenti: lettura del senso fenomenico
dell’immagine; interpretazione del suo significato
iconografico; approfondimento del suo contenuto essenziale in quanto
espressione di valori iconologici. (cfr.
p. 44 di Il significato nelle arti visive,
Einaudi, Torino 1962): il soggetto primario (naturale), come oggetto d’interpretazione, dà luogo ad
una descrizione pre-iconografica (e
pre-interpretativa del critico-analista) (e, aggiungiamo, ad un atto
pre-linguistico prodotto da funzioni biologiche, dell’artista); poi si passa ad una analisi iconografica, con conoscenza delle fonti; infine (ma,
a fondamento di quella iconografica) ad una interpretazione iconologica, come intuizione sintetica del significato, del
contenuto costituente il mondo dei valori simbolici.
Gombrich coglie (in Freud e
la psicologia dell’arte, p. 107-109, Einaudi, Torino 1967) il concetto freudiano del simbolo come “forma della metafora” (vedi (B)): nel
simbolo importa «non tanto l’analogia con
la cosa simboleggiata, quanto ciò che, entro una determinata matrice di
oggetti, sia il meno dissimile dal
denotatum», dove la matrice si costruisce nel sogno, «dai residui del
giorno, … [con un senso più profondo, che
rimanda] ad altra matrice o strato significativo, più vicino alle funzioni
biologiche ed agli istinti di chi sogna».
Secondo
Geneviève Lacambre (cfr. Il simbolismo, in Il Simbolismo. Da Moreau a Gauguin a Klimt, Ferrara Palazzo dei
Diamanti, 18 febbraio -20 maggio 2007; Roma Galleria Nazionale d’Arte Moderna,
7 giugno – 16 settembre 2007, Ferrara, Arte editore 2007.), solo nel 1887 Emile
Verhaeren si chiede se sia
possibile un simbolismo plastico e quindi come sia possibile riferirsi all’idea, nell’espressione del visibile.
Da
qui si moltiplicano le strade del simbolismo:
1)rendere
visibile l’invisibile; 2) definizione di artista dell’anima; 3) spiritualismo;
4) partecipazione dei Rosacroce ai Salon parigini; 5) interessi di teosofi e
occultisti; 6) cultori di arti magiche; 7) dipingere l’anima oltre i corpi; 8) nasce
il termine ‘ideismo’; 9) forze psichiche; 10) il sogno, contro l’osservazione e
la deduzione; 11) arte idealista e mistica.
Sviluppo del
simbolismo dalla fine del ‘700
(Wright of Derby, Thomas Cole, Caspar David Friedrich, William Blake, l’800, fino al primo 900 con Kupka,
Boccioni, Klimt, Kandinskij; nessi tra esoterismo e occultismo, arte astratta a
partire da Kandinskij, preraffaelliti, Rossetti, Puvis de Chavannes, Moreau: termine ad quem 1914.
Nuovi
interessi filosofici, contestazione dell’arte ufficiale, ricerca di un’arte
‘totale’, esperienza di nuove tecniche pittoriche, arte evocativa, non
descrittiva, rivisitazione dei miti, sui temi della vita, della morte,
dell’amore, del tempo che scorre (con i mezzi dell’allegoria: esempio: Fanciulle
in riva al mare, di Pierre Puvis de Chavannes), del sogno.
Fine del simbolismo
con le teorie di Freud e ripresa con il surrealismo. Insomma si tratta di una
introduzione alla mostra, che indica l’estensione e la polisemia del termine,
ma non interviene sulla questione scientifica della sua validità.
Leonardo (con il suo ‘platonismo’) può essere considerato l’
inventore del genere simbolico: pittura come poesia muta
Temi fondamentali, ricorrenti e
universali del simbolismo: (a) una iconografia
sottostante, (b) l’unità di uomo e natura, (c) l’analisi del tempo nell’ordine cosmico, (d) la metafisica della luce, (e) la simbolicità del sistema compositivo e dei colori.
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