lunedì 23 aprile 2012

Riflessioni sul manifesto


Riflessioni sul Manifesto dell'Associazione "in tempo"
di Carla Mazzoni

Qualcuno rimprovera al nostro Manifesto di non essere sufficientemente chiaro.
"In tempo" è un'Associazione culturale, quindi, ovviamente,rispetto ai grandi problemi della nostra società, i nostri obiettivi sono limitati. Ma il nostro messaggio è stato espresso chiaramente: a volte quando le parole ci sembrano oscure è perché non siamo pronti a recepirle, non siamo pronti per quel messaggio. 

Noi ci proponiamo  di mettere a fuoco i vari aspetti nei quali certi problemi che possiamo definire “epocali” si manifestano nel nostro tran-tran di tutti i giorni e ci aspettiamo che molti altri intellettuali e comuni cittadini si uniscano a noi in questa indagine. Un'indagine che oltrepassi quella distanza che quotidianamente separa l'informazione dalla realtà.

Noi vogliamo far emergere il “disagio”  -e quando parliamo di disagio non ci riferiamo ovviamente a quel genere di disagi, sociali ed individuali, che la recente crisi economica ha aggravato e che sono tema di studio degli economisti- ma a quel genere di insicurezza, che noi consideriamo realtà oggettiva, e che possiamo riscontrare anche ai piani alti della più benestante delle società attuali. Quindi nostro compito è cercare di indagare per individuarne le cause. Tenendo presente che l'odierna quasi istantaneità tra causa-effetto tende a farne scomparire  la distinzione, cosicché quando sembra di essere al cuore del problema in realtà se ne stanno prendendo in considerazione ancora solo le frange.

Innegabilmente, la grande novità del nuovo millennio è l'essere scavalcati dalla velocità della macchina SOCIALE globale: Internet, la globalizzazione commerciale ed i nuovi flussi migratori stanno trasformando la SOCIETÀ UMANA IN UNA MACCHINA la cui velocità sta iniziando a scavalcare quella degli individui.
Tutti ricordano quelle scene del film “Tempi moderni” nelle quali Charlie Chaplin finisce col venire travolto dal ritmo vertiginoso della macchina alla quale è addetto. Ovviamente questo problema è datato, “Tempi moderni” risale a più di settant'anni fa.                   
Ma è certo che nel momento in cui le macchine corrono più
veloci di noi il controllato prende il sopravvento sul controllore.
Sono occorsi secoli per capire ed arrivare a sfruttare le potenzialità del "fuoco greco" nascosto sotto i deserti del medio oriente, ma oggi se viene scoperto un giacimento in Kirghizistan, nel giro di qualche settimana troveremo là una cittadella estrattiva con tecnici ed operai di tutte le razze, e una rete di computer che un satellite connette in real-time con il mondo intero, e un guasto di un'ora negli impianti farà oscillare la borsa di Tokio e l'ultimo esponente di una famiglia di samurai commetterà suicidio per aver perso una fortuna in titoli energetici.
In metereologia si suol dire che "Oggi il battito di ali di una farfalla in Etiopia può provocare un tornado in Oklahoma". Questo non è dimostrato, ma è ormai certo che nella nostra struttura socio-economica il tornado segue immediatamente al battito d'ali. Questo ci rende consapevoli e responsabili anche di quanto accade lontano da noi, dall'altra parte del pianeta.

Ma dietro il palcoscenico dello spettacolo globale, ci sono problemi individuali nei quali i ritmi della macchina globale si insinuano in modo a volte evidente, a volte più sottile. Allora il nostro obiettivo è sviscerare le sottigliezze del delicato rapporto psicologico e culturale tra individuo e macchina globale.
In tal senso, noi ci riproponiamo, attraverso una serie di incontri allargati a tutte le discipline e ai vari livelli della società, di far emergere concretamente quel disagio latente che agisce oggi nel profondo degli individui, individui colti da “analfabetismo emotivo” (Z.Bauman), che non sanno più riconoscere e dare un nome alle proprie percezioni, individui affetti come noi da un permanente senso di insicurezza e precarietà.
                         
L'essere umano si è sempre adeguato alle richieste dell'ambiente. L'adattamento implica cambiamenti fisiologici, ma prima di tutto psicologici e culturali.                    
Che genere, o quali generi, di “Sapiens Globale” sono in gestazione?
Alcuni hanno affrontato il cambiamento prima di altri:  lo hanno interiorizzato prima o intuito prima, ad esempio 
McLuhan o filosofi, le cui idee sono precedenti alle realtà in oggetto e che sembrano aver guardato il mondo di oggi in una sfera di cristallo, e alcune categorie professionali, ad esempio i fisici nucleari, che si muovevano già nei primi anni '80 in quella che oggi è divenuta realtà universale.                  
Persone oggi 50/60enni che sono cresciute abituate a comunicare con gli altri in inglese attraverso schermo e tastiera, a cercarsi le informazioni non su giornali e riviste con ormai un ruolo solo di memoria storica, ma in rete.
Questi scienziati hanno sperimentato tra i primi la frustante velocità con la quale le proprie scoperte sono rese obsolete dalla comunicazione elettronica: nel giro di tre mesi i risultati delle ricerche di un gruppo vengono appresi, riadattati e aggiornati da altri gruppi.
E tutti si ritrovano come surfisti perennemente condannati a cercare di non perdere il contatto con la cresta di un'onda che corre più veloce di loro.
Ma l'accelerazione del meccanismo, il così detto “web 2” -l'insieme di tecnologie che mettono alla portata di un bambino di dodici anni la realizzazione di un sito web o l'organizzazione di un social network- fa si che ognuno di noi può trovarsi ad essere utente e competitore degli altri, dove gli altri sono una platea ben più ampia del circuito cittadino. Questo ci trasforma tutti in surfisti, perennemente all'inseguimento della cresta di un'onda che noi stessi contribuiamo a far avanzare.
                        
Il muoversi sempre più in una rete transnazionale con controparti sparse per il mondo, "chattare" in inglese o discutere con qualcuno che non si conosce e che si trova dall'altra parte dell'emisfero ma che ha influenza sulla tua vita e sul tuo lavoro, sta diventando realtà diffusa.        
I gerghi professionali si riempiono di parole esotiche, ed anche la mentalità degli addetti ai lavori finisce per popolarsi di schemi di pensiero di remota origine. Tutto ciò è molto lontano da quello a cui i nostri genitori o gli insegnanti ci avevano preparato. Gli antichi punti di riferimento sono scomparsi e l'individuo non può che trasformarsi in individuo autoreferente.
Tutto allora sembrerebbe disegnare il profilo di un essere umano altamente competitivo, come recita una
famosa canzone di Vasco Rossi “macchine veloci, genti più capaci”, ma poi la stessa canzone ci riporta a terra “non  so che darei per vivere su un'isola”: l'essere umano, non è fatto IN MASSA per vivere di eterna competizione, e la sensazione di molti di noi è quella di una legge della giungla globale, nella quale si sopravvive come il leone e la gazzella del proverbio africano, fino al giorno che si sarà capaci di correre.

Nel momento in cui TANTI hanno un'abilità,i POCHI che non ne sono in possesso si ritrovano marginalizzati. Oggi, il rapporto élite-proletariato culturale si è rovesciato  e i POCHI che non sono in grado di usufruire delle nuove tecnologie fatalmente si ritrovano spaesati. 
Questo ha finito per radicalizzare l'antico timore dell'individuo di mezza età verso l'incombere prematuro della propria obsolescenza professionale o sociale.
Non che la controparte dell'anziano, il giovane, viva con maggiori certezze. Il ciclo di vita delle competenze professionali “update” è decennale al massimo, la competizione con manodopera straniera, magari all'estero dove è lo straniero che gioca in casa, rendono estremamente difficile per lui l'inserimento nel mondo del lavoro o una formazione culturale mirata. Inoltre,   
è evidente che la partita di una formazione appropriata non si chiude con una laurea o un diploma.
                                               
Noi, dell'Associazione "in tempo", ci riproponiamo  di confrontarci con questi giovani  -“parcheggiati” nelle università, nei call center,nel precariato o in frustante convivenza familiare- affetti da quel disagio psicologico e culturale di cui parlavamo inizialmente, vittime di una società che non sa dare senso al loro orizzonte e alla loro vita.
“Abbiamo fatto il nostro raccolto, ma perché tutti i nostri frutti si corrompono?” (Nietzsche).
E' questa la domanda che anche noi dobbiamo porci e a cui cercare di dare una risposta.                              

Roma, 6 Luglio 2009                    

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